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Poesie di Emanuel Carnevali [1]  (Selezione a cura di Flavio Almerighi) 

Bugie colorate

Le case in lunga fila
hanno facce arse dal vento, rosse:
bare di immobile aria
lo guardo ottuso, idiota,
ammiccano al vento che soffia
un insulto gioioso sulle loro facce…
Vecchie zitelle 
che inghiottono con dignità il loro odio
guardando l’andatura provocante
di donne giovani, alte, con le gonne svolazzanti.
Hanno facce arse dal vento, rosse,
tentano con dignità
di sorridere
una bugia rossa
per un attimo
in lunga fila
mentre soffia il vento.
Gli uomini vestono in blu, nero e grigio,
i tre colori del cielo.
Odio, amore e bontà si accalcano
nello spazio di una giacca
abbottonata con grazia.
Il cielo guarderà giù
dolcemente
e chiederà a questi uomini come e perché:
e le minuscole, indaffarate cose
che stanno sotto una giacca
nasconderanno il loro disappunto
e strisceranno via
con i loro abiti blu, neri e grigi…
Bugia tricolore
per tradire l’innocente, grande cielo
che guarda gentile…
Oh, l’intrusione turberebbe
i petti degli uomini
che strisciano via
corazzati di bugie nere e blu e grigie.

Quand'è passato

Io pensavo fosse una lunga gita in barca
su un lago tranquillo: intorno i salici piangenti
lasciavano cadere nell’acqua le chiome, e fra quelle chiome,
i raggi che il sole andandosene, aveva dimenticato. Ma ora
che è passato, so che era un fiume travolgente e fragoroso,
che distruggeva tutto, tutto. Nell’anima non mi è restato che
un cespuglio, che oscilla e ondeggia al vento come i capelli di
una strega, che sibila, che maledice il vento come il braccio
spaventoso di una strega, ed è ricordo.

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Poesie di Simone Cattaneo [1]  (Selezione a cura di Flavio Almerighi)

A fine agosto il tuono morde i lampi prima che piova e
il cielo sembra sempre avere bisogno di un’autopsia,
cammino sulla strada crivellata di buche come fosse
un costoso tappeto cinese, la neve gialla è ancora lontana,
la luce pare un caleidoscopio difettoso ed io vado
dove i ragazzi hanno denti d’oro larghi come gonne a fiori
e nessuno mi potrà più servire da bere vino tagliato con il solfato di rame.
Ormai è un furto ogni prospettiva di fuga.

Appesa per le caviglie ad un albero del viale
ho incontrato per la prima volta l’unica donna che ho mai amato,
avrei voluto proseguire ma mi ha chiesto uno sguardo
mi ha domandato di guadare un fiume inesistente fra le stelle,
quindi mi sono arrampicato fino all’orlo del suo viso ma
non si è scomposto, nulla del mio corpo mi ha nascosto.
Immersa nel suo odore mi ha aperto il petto così che
potessi sentire il suono del colore,
colmo di paura ho promesso che avrei imparato ad aspettare,
ho fatto un giro intorno all’albero e
la mia donna era svanita, rapita dalla frutta candita di
un’isola caraibica. Mi sono legato per le caviglie ad un lampione
per capire la sua prospettiva e riallineare la mira,
ammassati intorno a me sbavavano dei cani, con le mascelle di vetro
in fiamme ma la terra si è asciugata e la festa è finita.
Non ho più incontrato una donna così bella, forse sì,
è la carne che tutte le notti mi dorme accanto
persuasiva nelle cosce, elegante nelle mani, luce morale nei fianchi
ripiegata e indistinta come uno scheletro di pesce.
Sono certo, siamo l’uno la proposta dell’altra.

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