Poesie di Emanuel Carnevali [1] (Selezione a cura di Flavio Almerighi)
Bugie colorate
Le case in lunga fila
hanno facce arse dal vento, rosse:
bare di immobile aria
lo guardo ottuso, idiota,
ammiccano al vento che soffia
un insulto gioioso sulle loro facce…
Vecchie zitelle
che inghiottono con dignità il loro odio
guardando l’andatura provocante
di donne giovani, alte, con le gonne svolazzanti.
Hanno facce arse dal vento, rosse,
tentano con dignità
di sorridere
una bugia rossa
per un attimo
in lunga fila
mentre soffia il vento.
Gli uomini vestono in blu, nero e grigio,
i tre colori del cielo.
Odio, amore e bontà si accalcano
nello spazio di una giacca
abbottonata con grazia.
Il cielo guarderà giù
dolcemente
e chiederà a questi uomini come e perché:
e le minuscole, indaffarate cose
che stanno sotto una giacca
nasconderanno il loro disappunto
e strisceranno via
con i loro abiti blu, neri e grigi…
Bugia tricolore
per tradire l’innocente, grande cielo
che guarda gentile…
Oh, l’intrusione turberebbe
i petti degli uomini
che strisciano via
corazzati di bugie nere e blu e grigie.
Quand'è passato
Io pensavo fosse una lunga gita in barca
su un lago tranquillo: intorno i salici piangenti
lasciavano cadere nell’acqua le chiome, e fra quelle chiome,
i raggi che il sole andandosene, aveva dimenticato. Ma ora
che è passato, so che era un fiume travolgente e fragoroso,
che distruggeva tutto, tutto. Nell’anima non mi è restato che
un cespuglio, che oscilla e ondeggia al vento come i capelli di
una strega, che sibila, che maledice il vento come il braccio
spaventoso di una strega, ed è ricordo.
[1] Emanuel Carnevali nacque a Firenze il 4 dicembre 1897 e morì a Bazzano (BO) l’11 gennaio 1942. Ebbe il destino di un poète maudit: dopo una difficile infanzia trascorsa in parte in collegio, e in parte nella nuova famiglia che il padre si era fatto a Bologna, risposandosi dopo la morte della madre di Emanuel, partì appena sedicenne per gli Stati Uniti, che dovevano diventare, il luogo simbolico della sua vita e della sua letteratura. Passò attraverso numerosi e umili mestieri, finché lo si ritrova nella cerchia degli scrittori americani di punta in quegli anni. Ezra Pound, William Carlos Williams, Sherwood Anderson, Robert McAlmon lo accolsero come uno dei loro, con ammirazione e insieme sconcerto dinanzi a questo difficile e imprendibile personaggio, e inclusero subito testi suoi nelle loro celebri antologie e riviste. Carnevali scriveva in inglese, la sua unica lingua era quella dell’esilio imparata a orecchio, e portava così nella poesia americana un soffio selvatico, di cui fu avvertita la novità. Nel 1922 fu colpito da encefalite e dovette tornare in Italia. Trascorse in un ospedale vicino a Bologna gli ultimi anni della sua vita, e lì ancora lo raggiungevano le lettere dei suoi amici americani. Morì nel 1942 a Bazzano, in provincia di Bologna.